Attrezzature manuali utilizzate nei centri estetici - microblading - sgorbie e lame
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Rimini 6 novembre 2023
OGGETTO: Attrezzature manuali utilizzate nei centri estetici.
In risposta al quesito posto, è d'obbligo fornire una disamina chiarificatrice basata sul quadro normativo vigente:
Quanto all'utilizzo di strumenti manuali: alla luce del quadro legislativo delineato dall'articolo 1 della Legge 4 gennaio 1990, n. 1, si ribadisce con assoluta fermezza che l'ambito di esercizio professionale dell'estetista è chiaramente definito e regolamentato. Il legislatore stabilisce che l'attività di estetista comprende “tutte le prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorarne e proteggerne l'aspetto estetico, modificandolo attraverso l'eliminazione o l'attenuazione degli inestetismi presenti. Tale attività può essere svolta con l'attuazione di tecniche manuali, con l'utilizzazione degli apparecchi elettromeccanici per uso estetico.”
La normativa vigente conferisce alle estetiste la facoltà di esercitare la loro professione attraverso l'impiego di tecniche manuali, le quali rappresentano una componente intrinseca e inalienabile del loro operato professionale. Ciò avviene nel pieno rispetto delle finalità estetiche sancite dalla legge e delle normative di sicurezza e igiene.
Pertanto, è inequivocabile che l'utilizzo di strumenti manuali — ivi compresi, ma non limitati a, sgorbie e pennini con micro-lame — non inclusi nell'allegato del Decreto 15 ottobre 2015, n. 206, è legittimo e conforme alla legislazione corrente. Questi strumenti, non essendo oggetto di specifica regolamentazione nel citato decreto, non possono essere considerati esclusi dall'esercizio della professione estetica.
In virtù di quanto esposto, è imperativo comprendere che non sussiste alcun margine interpretativo che possa sindacare o limitare l'uso discrezionale, da parte dell'estetista, degli strumenti manuali nell'espletamento delle sue funzioni professionali. Tali strumenti, utilizzati in ottemperanza agli scopi delineati dall'articolo 1 della Legge n. 1/90, si configurano come strumenti professionali a tutti gli effetti, il cui impiego è inscindibilmente legato all'attività di estetista autorizzata e riconosciuta dallo Stato.
In merito all'attività di microblading: è una procedura cosmetica che si colloca nell'ambito delle attività estetiche, come definito dall'articolo 1 della Legge 4 gennaio 1990, n. 1. Questa pratica implica l'inserimento di pigmenti nella pelle, più specificamente nell'area dell'arcata sopraccigliare, per migliorarne l'aspetto estetico attraverso l'imitazione dei peli delle sopracciglia. Tale trattamento può essere eseguito sia con tecniche manuali — utilizzando un pennino dotato di micro-lame — sia mediante apparecchiature elettromeccaniche come il dermografo, quest'ultimo già incluso nell'elenco delle apparecchiature per uso estetico, come delineato nella scheda n. 23 del Decreto 15 ottobre 2015, n. 206.
Nonostante il microblading non sia esplicitamente menzionato in tale decreto, la sua pratica, svolta a mano con il pennino, è ammessa nell'esercizio professionale dell'estetista in quanto tale tecnica si attiene alle prestazioni finalizzate al mantenimento, miglioramento e protezione dell'aspetto estetico della superficie del corpo, che non includono finalità terapeutiche.
Pertanto, sulla base del contesto normativo attuale, le estetiste sono autorizzate ad eseguire il microblading sia con l'utilizzo del pennino, sia con il dermografo, in quanto entrambe le tecniche si conformano alle disposizioni legislative che regolano la loro professione. La distinzione tra tecniche manuali e l'uso di apparecchi elettromeccanici non altera la legittimità dell'attività di microblading all'interno dell'ambito estetico.
La professione estetica è l'unica professione legalmente riconosciuta e autorizzata a esercitare attività di estetica, in virtù di una regolamentazione specifica e della protezione statale. Questa prerogativa esclusiva deriva da un processo di abilitazione statale, ottenibile solo superando un esame teorico-pratico. La legislazione vigente, conferendo alle estetiste il diritto all'autodeterminazione professionale, stabilisce in maniera inconfutabile le competenze e le attività che possono essere esercitate esclusivamente nell'ambito di questa abilitazione, senza che nessun'altra professione o attività possa legittimamente rivendicare tali competenze nel campo dell'estetica.
Ogni tentativo di sindacare su ogni singolo trattamento che rientra nell'ambito delle prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano, con lo scopo esclusivo o prevalente di mantenere, migliorare e proteggere l'aspetto estetico e modificare l'aspetto attraverso l'eliminazione o l'attenuazione degli inestetismi presenti, rappresenta una mancata comprensione del quadro normativo che disciplina la professione. Tale comportamento si configura come una ingerenza indebita e un'azione di disturbo nello svolgimento legittimo della professione estetica.
L'abilitazione statale conferisce alle estetiste il diritto di esercitare tutte le tecniche manuali e di utilizzare gli apparecchi elettromeccanici per uso estetico, come sancito dalla legge. Qualsiasi azione che limiti o interferisca con questa autonomia professionale non solo trascura il principio di autodeterminazione garantito dalla legge, ma ostacola anche il corretto svolgimento dell'attività professionale delle estetiste.
Nell'analisi della cornice normativa che regola la professione di estetista, è imperativo fare riferimento alla fondamentale Sentenza n. 245 del 1990 emessa dalla Corte Costituzionale. Questo pronunciamento giurisprudenziale si erge a baluardo dell'ordine professionale degli estetisti, delineando con rigore scrupoloso i confini dell'esercizio legittimo di tale professione in Italia. La Corte, con questa sentenza, ha cristallizzato le intenzioni del legislatore nel tutelare sia l'operato dei professionisti sia la sicurezza dei consumatori.
Questa sentenza si distingue per aver chiarito il quadro normativo e le esigenze formative inerenti alla professione estetica, garantendo così un alto standard di professionalità e tutela per il consumatore. Ecco i passaggi chiave del pronunciamento:
“La crescente diffusione dell'attività di estetista, la quale ha assunto contenuti sempre più elevati di professionalità e di responsabilità, e i gravi pericoli per la clientela che essa comporta quando sia esercitata senza la necessaria preparazione teorico-pratica, hanno indotto il legislatore a intervenire con una disciplina che, da un lato, prevede condizioni severe di accesso alla professione, dall'altro, impone a livello nazionale standards minimi di preparazione e di valutazione dei candidati.”
“È agevole replicare che i corsi regionali di formazione professionale abilitano, per la via mediata dell'esame finale teorico-pratico previsto dall'art. 3, primo comma, all'esercizio della professione di estetista nell'intero territorio nazionale. Ne consegue, come più volte questa Corte ha avuto occasione di affermare (sentenze n. 216 del 1976, n. 89 del 1977 e nn. 165 e 372 del 1989), che è riservata allo Stato anche la valutazione di idoneità della preparazione fornita dai vari strumenti di formazione professionale integrati dai detti corsi.”
“La giurisprudenza sopra richiamata di questa Corte ha pure precisato che in materia di istruzione professionale le attribuzioni regionali per la definizione dei programmi e l'organizzazione dei corsi non escludono la presenza di forme di coordinamento e di controllo centrale dirette a garantire standards minimi quantitativi e qualitativi, relativi ai corsi e alla valutazione finale del profitto conseguito da coloro che li hanno frequentati. In particolare, si osserva che il terzo comma non vincola rigidamente le materie fondamentali dei corsi, ma si limita a indicare alcuni insegnamenti che devono essere previsti tra queste, lasciando libere le regioni di aggiungerne altri in guisa da fornire una preparazione professionale superiore a livello minimo garantito dalla norma statale.”
Di conseguenza, diviene opportuno che la Regione, operando nel perimetro definito dalla Legge statale n. 1 del 4 gennaio 1990, proceda con un'attenta revisione dei curricoli formativi, adeguandoli alle attuali esigenze di mercato e ai requisiti di sicurezza inerenti al settore. È imperativo, seguendo le indicazioni già prospettate dalla Corte Costituzionale oltre tre decenni or sono, arricchire e non ridurre il corpus delle discipline insegnate, arricchendo così la formazione offerta.
In risposta ai quesiti posti:
- Gli strumenti manuali non elencati nel Decreto 15 ottobre 2015, n. 206, compresi esempi come sgorbie e pennini con micro-lame, non sono esclusi dall'ambito di utilizzo estetico. La legge 4 gennaio 1990, n. 1, all'articolo 1, conferisce alle estetiste il diritto di esercitare la loro attività professionale utilizzando tecniche manuali. Questo include l'uso di qualsiasi strumento manuale che sia idoneo a svolgere trattamenti volti a migliorare e proteggere l'aspetto estetico della superficie del corpo umano, a condizione che tali strumenti siano utilizzati in modo sicuro e igienico e in conformità con gli standard professionali.
- L'attività di microblading rientra tra le attività che possono essere eseguite dalle estetiste. Tale pratica si allinea con la definizione di attività estetica delineata dall'articolo 1 della legge sopracitata, in quanto consiste nell'applicazione di tecniche manuali per il miglioramento estetico e non viene esclusa dalla normativa vigente per gli apparecchi elettromeccanici. Dunque, le estetiste possono praticare il microblading sia con l'uso di pennini manuali dotati di micro-lame, sia, dove regolamentato, con l'uso di apparecchiature elettromeccaniche come il dermografo, in linea con quanto previsto dalla scheda n. 23 del Decreto 15 ottobre 2015, n. 206.
Tanto si doveva
Cordiali Saluti
Roberto Papa
Segretario Nazionale Confestetica