I centri estetici si dissociano dalle regioni che vogliono anticipare le aperture senza avere il protocollo validato dall'INAIL
Attenzione agli 'apparenti rappresentanti' della categoria, alla ricerca di telecamere e articoli sui giornali. Mettono in pericolo la salute delle persone per i loro privatissimi fini. La realtà è semplice: i Centri estetici per riaprire hanno bisogno di un Protocollo specifico, che nasce dalla loro realtà, redatto dai massimi esperti e validato a livello nazionale. Questo protocollo esiste. Tutto il resto sono chiacchiere senza senso e anche piuttosto rischiose.
I principi. La salute dei clienti, dei dipendenti e dei titolari dei Centri Estetici è una. Il rischio è lo stesso per tutti. Il mondo del lavoro è pieno di rischi (dai raggi X nelle radiografie al rumore nelle fabbriche, passando per gli incidenti stradali) e a ogni rischio corrispondono specifiche misure per prevenirli. Queste misure sono scritte da tempo in protocolli e regole
- identiche su tutto il territorio nazionale
- redatte da esperti in collaborazione con i rappresentanti degli operatori e validate da autorità nazionali (in rappresentanza degli interessi della comunità).
- che hanno al centro la salute e non il Pil
I fatti. Confestetica è stata la prima a chiedere agli Associati di chiudere i Centri estetici quando ancora CNA e Confartigianato si baloccavano sui distinguo e sui cavilli mettendo a serio rischio la salute delle estetiste e dei propri dipendenti oltre che la salute dei loro clienti.
Confestetica ha subito pensato alla fase 2: ha capito che alla riapertura sarebbero state necessarie per lungo tempo misure specifiche per garantire la sicurezza di clienti, dipendenti e titolari dei Centri estetici. Fin da fine marzo, ha raccolto le indicazioni giunte dagli Associati e su questa base ha incaricato ai fini di redigere un Protocollo i massimi esperti: Professoressa Maria Carla Re, Direttore della UOC di Microbiologia del Policlinico S.Orsola Malpighi - Università di Bologna; Professor Francesco Saverio Violante, docente di Medicina del Lavoro all'Università di Bologna, Direttore Medicina del lavoro Area Metropolitana di Bologna; Avvocato Maria Camporesi, Laura Auteri, Medico Specialista in Medicina del Lavoro, Angela Noviello della Estetica Cosmetic Surgery e Medical Spa, e la Vicepresidente di Confestetica Cristina Lucenti.
Questo protocollo, che si è evoluto a nel corso delle settimane, recependo via via l’evoluzione delle normative nazionali, è stato inviato già a metà aprile a CGIL, CISL, UIL, Regioni, Ministero della Salute, Ministero dello sviluppo economico e del lavoro, Presidenza del Consiglio e Protezione Civile, ed è ora in avanzata fase di validazione presso l'INAIL.
Unica voce fuori dal coro ci perviene da Confassociazioni nella persona del Vice Presidente Antonio De Tata che, come noi, ritiene che le misure volte a tutelare la salute dei lavoratori e della clientela inserite all'interno dei protocolli regionali non possono essere gestite da politici, tecnici piuttosto che economisti ma debbano essere concertata e sviluppate esclusivamente da organi di natura medico- scientifici nonché dall'INAIL in combinato disposto con le associazioni di categoria a cui spetta il ruolo di indirizzo verso la stesura di protocolli applicabili all'interno dei reali contesti lavorativi. La sensibilizzazione è volta al pieno rispetto delle norme indette dal governo e anche Confassociazioni, con oltre 1,3 milioni di associati si sta battendo presso le varie sedi istituzionali affinché si comprenda che l'unica strategia vincente per una corretta ripresa economica risiede esclusivamente nella corretta applicazione delle misure di contenimento del virus, attività questa che può essere perseguita esclusivamente attraverso una costante e puntuale sinergia tra il Ministero della Salute, l'INAIL ed i professionisti del settore che hanno dimostrato negli anni, e lo stanno dimostrando ancor di più in questo momento delicato, di possedere un alto senso di responsabilità.
Cosa sta accadendo ora. Per prima cosa abbiamo constatato che il nostro Protocollo è stato, per così dire, 'imitato' dai 'ragionieri' di CNA e Confartigianato.
È stato però male ‘imitato’. CNA e Confartigianato insistono nell'associare due professioni come quella di Estetista e di Parrucchiere che sono diverse per vari aspetti, compreso il rischio. L'INAIL se n'è accorta da tempo e associa la categoria di Parrucchiere a un livello di rischio alto ('rosso') e quella di Estetista a un livello di rischio 'medio' (giallo). Sotto il profilo del rischio di contagio estetista e parrucchiere sono due attività molto diverse. Ambedue si occupano della cura della persona ma in modo diverso e non è possibile pensare a delle misure comuni a due categorie così differenti.
In questi giorni assistiamo a un ridicolo balletto. Forse perché tirati per la giacchetta dalle articolazioni locali di CNA e Confartigianato, forse alla ricerca di visibilità e pensando di anticipare la campagna elettorale, alcuni politici si attivano pensando di poter rilasciare autorizzazioni alla riapertura alle estetiste di questa o quella regione, sulla base non si capisce bene di quale competenza e con quale validazione.
Ad esempio, siamo a conoscenza del fatto che alcune regioni si stanno organizzando autonomamente contravvenendo sia alle norme nazionali sia alle procedure dell’INAIL sul Protocollo per i centri estetici coinvolgendo il loro assessorato allo Sviluppo Economico escludendo quello alla Salute, quest’ultimo in questa specifica fase molto più importante.
Alcuni assessori regionali stanno improvvisando varie ipotesi di riapertura anticipata dei centri estetici senza conoscere né i centri estetici stessi né i rischi che potrebbero derivare dalle loro scellerate condotte.
Avremo quindi una regola diversa da regione a regione. Magari 20 regole chissà! Il Virus rispetterà il confine tra Cattolica e Gabicce o si guarderà bene dal guadare il Tronto per penetrare dall’Abruzzo nella regione Marche? Oppure la salute delle clienti è ontologicamente diversa da regione a regione?
Il protocollo esiste: è specifico, autorevole e validato. Unico per tutta Italia.
La situazione in realtà è molto chiara e chi confonde le acque lo fa letteralmente sulla pelle di cittadini e lavoratori. Occorre un protocollo unico a livello nazionale che metta in sicurezza i clienti e le estetiste che devono sapere con chiarezza cosa fare e come farlo al momento della riapertura. Il Protocollo di Confestetica nasce dall'esperienza di 19.400 estetiste che hanno contribuito alla sua redazione, è stato validato da massimi esperti della medicina del lavoro e della microbiologia ed è in avanzata fase di validazione da parte dell’Inail e del Ministero della Salute, i quali ne sono in possesso già dalla metà di aprile.
Questo protocollo esiste grazie al grande lavoro svolto da Confestetica dall’inizio dell’emergenza, ma questo non è importante. E’ importante che ci sia un protocollo di riferimento che tutti possono scaricare gratuitamente e che è in fase di validazione dagli organi nazionali competenti.
Tutto qui. Non si scappa. Regole validate e specifiche eguali in tutta Italia che articolano le norme decise da Palazzo Chigi. Questa è la logica che muove tutte le autorità nazionali ed è una logica sensata. Chi smuove le acque lo fa solo per renderle torbide e cercando visibilità a discapito della salute pubblica.
Rischi penali per politici.
Confestetica si dissocia totalmente da iniziative regionale circa aperture anticipate di centri estetici senza avere un protocollo validato da Inail e Ministero della Salute.
Qualora ciò si dovesse malauguratamente verificare ci riserviamo ogni azione civile e penale a tutela dei nostri associati e della salute pubblica.
Condividiamo in toto le parole del Ministro per gli Affari Regionali On. Boccia: «Le Regioni rispettino le linee guida dell'Inail». Per le riaperture «tutti noi vogliamo arrivare alle differenziazioni territoriali. Dal 18 maggio molte attività potranno riaprire, ma lo si dovrà fare in sicurezza, e le Regioni che decideranno di farlo senza il rispetto delle linee guida Inail se ne assumeranno la responsabilità».
In Italia si passa quando il semaforo è verde e ci si ferma quando è rosso. Non c'è Assessore che possa decidere diversamente e se lo fa rischia di essere considerato un cretino o un delinquente.